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 Deriva mobile


 

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L'OVNI è una barca a deriva mobile, vale a dire che non c'è una chiglia zavorrata bensì una lama di deriva che può essere sollevata dentro lo scafo, riducendo drasticamente il pescaggio, da oltre due metri a soli 60 centimetri.  La deriva è una lastra di alluminio, quindi non contribuisce in modo significativo alla zavorra, che si trova nello scafo.
La deriva è del tipo incernierato, quindi in caso di urto ruota rientrando nello scafo ed evitando di infliggere colpi alla attaccatura tra chiglia e scafo come accadrebbe in una barca a chiglia fissa. (NOTA: non è così in tutte le barche a deriva sollevabile: certi modelli hanno una deriva zavorrata - che non rientra completamente nello scafo - ed in alcuni casi il sollevamento è a baionetta, diritto in verticale - quindi non protetto dagli urti).

Nei modelli più piccoli (fino al vecchio OVNI 385, oggigiorno fino al 365) il sollevamento della deriva avviene tramite un paranco la cui cima è riportata in coperta, e la deriva è libera di sollevarsi in caso di urto, mentre nei modelli più grandi c'è un sistema di sollevamento idraulico: in caso di urto, si rompe una piccola membrana di sicurezza nel circuito idraulico, che deve essere sostituita per rimettere il circuito in pressione.
Anche la pala del timone è parzialmente snodata ed in caso di urto ruota anch'essa all'indietro, però il suo azionamento è sempre idraulico, e quindi c'è il problema della piccola membrana da sostituire.

La deriva ha, necessariamente, una forma molto condizionata dalla necessità di farla scomparire all'interno dello scafo (con gli inevitabili ingombri in cabina), e nonostante sia molto profonda, è piuttosto piccola (si intravede in qualche foto su questo sito).

Il risultato è che le prestazioni di bolina non sono esaltanti, ma alla prova dei fatti non và neppure troppo male!   Chiaramente, è una barca pensata per i grandi viaggi lungo gli Alisei, quindi col vento a favore per la maggior parte del tempo.

Normalmente, si naviga con la deriva abbassata almeno fino al traverso/gran lasco, mentre in andature portanti si suppone che convenga alzarla, almeno in parte, per ridurre la resistenza: ad essere sincero, nonostante molte prove, io non ho riscontrato una differenza significativa di velocità, e decisamente mi dava una sensazione spiacevole sul timone, nel senso che la barca sembra "scappare da tutte le parti" e rispondere poco alla barra. Forse è solo una sensazione, tutti i "guru" dicono che in poppa, specie con mare grosso, è meglio alzare la deriva, ma io non sono convinto al 100%; sicuramente ha senso se la situazione è così brutta da navigare trainando delle cime da poppa o mettendosi alla cappa, ma queste sono situazioni veramente estreme.

Francamente, quando abbiamo acquistato l'OVNI in vista del giro del mondo, le nostre motivazioni erano più in vista della estrema robustezza e durevolezza dello scafo (non a caso, gli OVNI usati sono costosissimi, perchè uno scafo ben tenuto è praticamente eterno!) e non eravamo molto interessati alla deriva mobile, al punto che se fosse esistita sul mercato una barca analoga all'OVNI, ma con la chiglia fissa, l'avremmo preferita.

La perplessità veniva essenzialmente da un punto: la capacità della barca di raddrizzarsi in caso di scuffia con capovolgimento totale (pessimista, lo so, ma in un viaggio oceanico bisogna aspettarsi di tutto!...).

La curva di stabilità di una imbarcazione a chiglia fissa                                  La curva della stessa imbarcazione nella versione a deriva mobile

Senza andare troppo sul tecnico, le curve qui sopra ("curve di stabilità") mostrano la coppia raddrizzante al variare dell'angolo di sbandamento della barca, dallo zero (barca diritta) ai 180° (barca capovolta): in tutte le barche la coppia raddrizzante cresce al crescere dello sbandamento fino ad un angolo nei dintorni dei 60°, poi comincia a diminuire fino a raggiungere un punto ("angle of vanishing stability") dove la coppia si azzera e poi diventa negativa (a quel punto la barca si capovolge).     Più piccolo è il valore della coppia negativa, e più facile è che le oscillazioni causate dal mare mosso possano riportare la barca al di qua dell'angolo di perdita della stabilità e così la barca torni a raddrizzarsi, ma barche molto larghe e con la zavorra nello scafo sono molto stabili in posizione capovolta.   Questo aspetto ci ha sempre un po' preoccupato, anche se non avevamo in programma di navigare in zone con condizioni meteorologiche estreme-

Poi, leggendo in giro, abbiamo scoperto che molti navigatori esperti caldeggiano fortemente la soluzione della deriva mobile in situazioni di mare grosso (per esempio Ernesto Tross nel suo libro "La mia barca sicura", ma anche Bernard Moitessier, Jimmy Cornell ed altri); secondo loro, la possibilità di sollevare la deriva con onde di grandi dimensioni diminuisce di molto il rischio che la barca possa "inciampare sulla propria chiglia" ed essere capovolta dalle onde stesse.

Shaula4 con la deriva alzata

Oggi, con quasi 40.000 miglia alle spalle (ed un ribaltamento parziale nel Mar dei Caraibi), direi che possiamo riassumere pregi e difetti della deriva mobile così:

PRO:

- possibilità di far adagiare la barca sul fondale in ancoraggi che si svuotano con la bassa marea, senza dover ricorrere a soluzioni complicate per tenere la barca in bilico sulla propria chiglia (questa è la principale ragion d'essere della deriva mobile nella Francia Atlantica, ma il problema non si pone da quasi nessun'altra parte del mondo)

- possibilità di accedere ad ancoraggi con pescaggio limitato (e questa si che si utilizza, non solo tra gli atolli e le barriere coralline, ma anche nel nostro Mediterraneo)

- possibilità di navigare in canali ed acque interne (utile per esempio per prendere la scorciatoia tra Atlantico e Mediterraneo via Canal du Midi, il cui pescaggio garantito è nei dintorni del metro e mezzo)

- forte riduzione del rischio di danni strutturali in caso di urto con la chiglia o col timone contro il fondale o contro un ostacolo, ma anche in mare aperto, che si tratti di una rete o di un relitto o della proverbiale balena - e non è un caso remoto come sembrerebbe!

- grande stabilità di forma e movimenti molto smorzati grazie alla zavorra pesantissima (dato che si trova nello scafo, deve per forza essere una grossa percentuale del dislocamento totale, altrimenti la barca non si raddrizzerebbe)

- (presunto) minor pericolo di scuffia in situazioni estreme di mare grosso

CONTRO:

- peggiori prestazioni di bolina, rispetto ad una chiglia fissa

- cattiva manovrabilità a motore con la deriva alzata, ma naturalmente nella maggior parte dei casi questo non è un problema in quanto si cerca di manovrare SEMPRE a deriva almeno parzialmente abbassata!

- dubbia capacità della barca di raddrizzarsi in caso di ribaltamento totale (a causa della elevata stabilità di forma, che a quel punto diventa controproducente); noi possiamo solo testimoniare sulla nostra pelle che anche abbattuta con l'albero in acqua, la barca si raddrizza dalla parte giusta!

CONCLUSIONI:

Per riassumere, direi che ne esce il quadro di una barca molto robusta, con buone prestazioni in andature portanti con vento fresco, adatta a navigare col minimo rischio in zone mal cartografate o comunque con fondali insicuri, o in zone con forti escursioni di marea: una barca da grande viaggio lungo gli Alisei, insomma.
In compenso, le prestazioni a vela di bolina sono decisamente mediocri, il che la rende poco idonea a navigare in ambienti dove si possono incontrare tutte le situazioni di vento, come per esempio in Mediterraneo o lungo le coste d'Europa.

Francamente, dovessimo navigare solo in Mediterraneo, non so se una barca di questo tipo si giustifica, tenuto anche conto del costo elevato, e certamente non è una barca da uscitine zigzagando nella brezza.

 

Webmaster: Gianfranco Balducci - email: gfbalduc@tin.it

Last Update: 21/09/2014

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